di Alice Buscaldi
La storia di Naoufel, un giovane che ha passato la sua vita nel disagio avendo perduto precocemente i genitori, incontra Gabrielle della quale si innamora. Da un’altra parte della Parigi anni ’60, una mano scappata da un laboratorio è determinata a ritrovare il suo corpo.
Questa la trama del lungometraggio J’ai perdu mon corps realizzato da Jérémy Clapin, regista e sceneggiatore che ha voluto nel film donare vita propria ad un personaggio che altrimenti sarebbe inanimato.
Dietro questa scelta, il voler andare oltre il grottesco e cercare la poesia là dove è difficile da invitare. Oltre al gran lavoro realizzato con un mix di animazione 2D e 3D, importante è stato il ruolo della musica all’interno del film: Naoufel e la Mano, vivono in parallelo due vite, passato e presente, per cui la colonna sonora è il trait de union tra i due protagonisti.
Film psicologico verrebbe da dire, indubbiamente per adulti che non cela tabù di nessuna sorta. Il finale è abbastanza aperto per consentire a chiunque di elaborare la propria interpretazione, questo porterà a discussioni forse, ma tanto meglio.
Il film è vincitore del Cristallo come miglior lungometraggio oltre che del Premio del Pubblico all’ultimo Festival Internazionale di Cinema d’Animazione di Annecy.
Già premiato durante la Semaine de la Critique a Cannes con il Gran Prix Nespresso, anche Netflix “premia” il film acquisendolo nel suo palinsesto che a partire dall’autunno prossimo lo metterà a disposizione di tutti sulla sua piattaforma.