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Emanuele Luzzati e Giulio Gianini, maestri di ritaglio

Giulio Gianini and Emanuele Luzzati, La gazza ladra (The Thieving Magpie), 1964

Emanuele Luzzati, scenografo, illustratore, ceramista, cineasta  d’animazione, acquafortista; e sempre fresco, inventivo, policromo, allegro, facile; e poi mago dell’assemblage e del collage; e poi Chagall italiano…

Luzzati ha molte anime e si misura in molte discipline, e sovente noi abbiamo la sbrigativa propensione a definire ogni sua sfaccettatura come complementare alle altre. Ma sarebbe proprio lui a contraddire: “Cominciavo  a costruire una scena a Genova, disegnavo il bozzetto, poi andavo ad Albisola per la ceramica, poi se c’erano da fare i disegni animati andavo a Roma, poi ritornavo a Genova e intanto già vedevo la scena un pochino più da lontano. Praticare tanti mestieri contemporaneamente mi ha dato un certo distacco”.

Sul finire degli anni Cinquanta Giulio Gianini era un promettente direttore della fotografia e documentarista, che aveva nel sangue il virus dell’animazione. I due fecero coppia. Per più di trent’anni, essi rappresentarono un pilastro portante dell’esile ma rispettata animazione italiana in un contesto globale. Il mondo era ancora grande, allora, il ritmo del lavoro meno ossessivo, e i pochi professionisti che operavano nella pubblicità o nelle serie televisive spesso trovavano il tempo per autofinanziarsi, ed esprimersi con film di valore che andavano ai pochi festival per incontrare i loro omologhi americani, asiatici ed europei.

In questo piccolo mondo si riunivano i “grandi”: dal Giappone Yoji Kuri, da Parigi Alexandre Alexeieff e Paul Grimault, da New York John Hubley, dal Canada gli esponenti del National Film Board, per non citarne che alcuni. Era l’animazione d’autore. A sessant’anni dal suo esordio va ancora oggi a fronte alta, mentre i celebrati surrealismo, futurismo, e altri “ismi” si disintegrarono nel giro di pochi anni.

Tutti sperimentavano. Alexeieff usava lo schermo di spilli, Norman McLaren dipingeva su pellicola, Trnka narrava storie lussuose con i pupazzi, gli artisti dell’Europa dell’Est inventavano il film “esopico”per deridere il potere. Mentre nel mondo dorato del “cinema dal vero” Hitchcock concludeva una gloriosa carriera (Gli Uccelli, 1963), Kubrick diventava sempre più estetizzante, Tarkovskij diventava ermetico dopo aver realizzato Lo specchio, Fellini dava il suo colpo d’ala con Amarcord, per poi scrivere (1974) a Gianini e Luzzati “Cari  amici, ho visto il vostro Pulcinella. Beh, voi  vi ricordate quanto mi  era piaciuta La gazza ladra (…) non credevo avreste potuto fare di meglio. Con gioia, invece, vi dico che ci siete riusciti. Pulcinella è più bello. (…) Si riferisce a un sentimento dell’umano, della sofferenza, del bisogno

insopprimibile della giustizia. (…) Il vostro Pulcinella racconta soprattutto il dramma grottesco e straziante di un uomo che vuole con tutte le sue forze essere libero”.

Gianini e Luzzati furono sovrani nell’arte di assemblare e far muovere pezzi di cartoncino, stagnola spiegazzata o frammenti di qualunque materiale: si chiamò fare animazione di ritagli o cut-outs. Il limite dell’animazione di ritagli è la rigidità. Invece le sfavillanti tinte di Luzzati si articolano, distendono, rattrappiscono come danzatrici classiche sotto il delicato obiettivo di Gianini. Un altro limite è la scarsa mimica dei personaggi. Invece guardiamo Lindoro nell’Italiana in Algeri: ha movenze che un solo altro grande animatore di ritagli oggi saprebbe pareggiare, il russo Jurij Norštejn.

Nello schizzo teatrale come nel manifesto, come nel personaggio per l’animazione, l’invenzione fondamentale di Luzzati è quella della maschera. Una grande maschera del mondo; una suprema pratica della caricatura che si applica a tutto ciò che può essere detto e rappresentato. Questa creazione sa giungere con pochi tratti all’essenza delle cose, ma in più viene coniugata assieme al colore.

Luzzati e Gianini, dunque, sono maestri concertatori. La grande maschera dello spettacolo si applica a Rossini non diversamente che a Mozart, alle favole scritte da Rodari, a quelle di Carlo Gozzi e a quelle di Luzzati stesso.

Gianini e Luzzati

Si pensi al Flauto magico. Luzzati si misura per la prima volta con l’opera nel 1963, al festival inglese di Glyndebourne, creando scene e costumi per un allestimento di Franco Enriquez. Improvvisamente si rivela per lui il mondo della musica: “Prima vedevo le opere come spettacoli di prosa. Con Il flauto magico ho capito le esigenze anche musicali dei diversi personaggi, ho capito che una scena può cambiare a tempo di musica, che è la musica a dettare il ritmo dei movimenti, delle immagini, dei colori.”

Dal Flauto magico discendono immediatamente le coreografie cinematografiche della Gazza ladra, dell’Italiana in Algeri, del Turco in Italia trasfuso nel primo, magnifico, Pulcinella. Per toccare l’apice nel 1978 con il quasi-lungometraggio Il Flauto Magico (appunto). E la critica? Citiamo un fatto per dire quanto possano essere perspicaci (qualche volta) i critici cinematografici e quanto potessero rappresentare i nostri due cineasti nelle capitali più raffinate. Viva Maria! fu diretto da Louis Malle e interpretato da Jeanne Moreau e Brigitte Bardot. Nomi che riempivano le sale, nel 1965. In Gran Bretagna fu distribuito assieme alla Gazza Ladra come complemento di programma. Il critico del Sunday Times scrisse una lusinghiera recensione del film dei nostri due animatori, lasciando al colossal divistico poche righe distratte..

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