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Addio a Tonino Conte, cuore e anima della Tosse

Di Eric Rittatore

“Oggi, alle 15.55, mio papà Tonino è morto, detestava sentir dire “è mancato”. Non ci sarà funerale, secondo il suo desiderio”.

Così, con asciutta e quasi burbera ‘genovesità, Emanuele Conte, sul suo profilo Facebook, ha dato notizia della scomparsa, avvenuta sabato scorso, del padre Tonino, cuore e anima per decenni del “Teatro della Tosse” e illustre protagonista delle scene teatrali nazionali ed internazionali.

Napoletano di nascita, classe 1938, Conte era stato adottato dalla città della Lanterna a soli tre anni, trovando nell’intestino pulsante dei caruggi del centro storico, “dove il sole del Buon Dio non dà i suoi raggi“, il proprio ecosistema ideale e un humus fertile per la sua lunga carriera di regista e autore.

Prima con la Borsa di Arlecchino di Aldo Trionfo, dove fu direttore di scena e, soprattutto, conobbe il ‘fratello d’arte’ Emanuele “Lele” Luzzati. Con Trionfo diede vita agli spettacoli romani della taverna di via Margutta, a Roma, scrivendo anche il suo primo testo, “Gargantua Opera”, cui seguiranno “Sandokan”, “Margherita Gautier”, e ‘“Ettore Fieramosca”. Alla fine dei Sessanta il grande salto con la prima regia: quell’“Ubu Roi”, caposaldo patafisico di Alfred Jarry realizzato per il teatro Universitario di Genova con le scenografie di Luzzati, che diventerà un simbolo del repertorio della Tosse, e Padre Ubu l’icona stessa dell’istituzione genovese. In quel periodo inizia anche il suo fertile lavoro con le scuole per il Piccolo di Milano, legato al rapporto intrinseco e viscerale tra mondo fiabesco e mondo reale, un’impostazione che sfocerà nel 1975 proprio nella fondazione del Teatro della Tosse. La compagnia teatrale nasce da un’idea di Conte e Lele Luzzati, insieme ai sodali Aldo Trionfo, Pepi MorgiaPietro BoraginaRita Cirio Giannino Galloni e Giorgio Ansaldo, con l’intenzione di produrre e allestire spettacoli che fondessero divertimento e arricchimento culturale, mantenendo sempre la massima libertà autoriale ed artistica da parte degli organizzatori. Non a caso, la prima produzione della Tosse sarà proprio l'”Ubu re”! Il nome del teatro deriva dalla sua prima sede collocata in una una stradina genovese chiamata appunto Salita della Tosse. In seguito troverà collocazione definitiva nella settecentesca struttura dell’ex complesso Sant’Agostino in Piazza Renato Negri.

Conte, con l’aiuto dei suoi ‘gentiluomini di ventura’, stravolgerà tutte le regole del teatro ‘tradizionale’, portando, letteralmente, il pubblico a spasso per la Superba, la quale nella sua visione diventa una scenografia sontuosa al servizio della rappresentazione, tra bellezze naturali, monumenti e archeologia industriale: il Forte Sperone per “Decameron”, la Fiumara prima che diventasse centro comme rciale (“I persiani”), la Diga Foranea (“L’Odissea“), per non parlare dei borghi liguri come Apricale, riscoperti e valorizzati trasformandoli in affascinanti scenografie diffuse (“Il mistero dei tarocchi”). L’impronta indimenticabuile delle scene di Luzzati contribuisce a creare un universo unico e peculiare, disegnato a matita, chagalliano, fanciullescamente erudito, in cui il Cosimo di Calvino ‘rampa’ libero e selvaggio tra foreste di parole e l’Alice di Carroll prepara la farinata mentre Paganini fa ‘trillare’ la musica del demonio… e, su tutti, il pingue ‘re’ Ubu si erge sul suo trono di cartapesta quale grottesco garante della sanità mentale del mondo. Conte firmerà regie, tra le altre, anche per lo Stabile di Genova, il Teatro Antico di Siracusa, il Teatro Gioco Vita, l’Arena di Verona, il Carlo Felice, il Regio di Torino, e il Maggio Musicale Fiorentino; tra i vari riconoscimenti, l’Università di Camerino gli assegnerà anche una laurea honoris causa in Architettura e il Comune di Genova il Grifo d’oro “per aver estratto, da un palcoscenico, l’anima ribelle della città“. Nel 2007 passa la direzione della Tosse al figlio Emanuele, attuale presidente della Fondazione Luzzati, e nella sua cascina di San Biagio nel Monferrato avvia ‘Agriteatro‘, un cantiere teatrale ed artistico, continuando al contempo a scrivere testi che fondono immagini e parole (“Le parole del teatro”, “L’amato bene“, “Pornograffiti 2“); nel 2015 palazzo Ducale gli ha dedicato una grande mostra per gli 80 anni, curata da Daniele Sulewic.

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